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CINEMA |
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LA RECENSIONE DEL MESE |
PRIMO AMORERegia di Matteo Garrone |
“Come tu mi vuoi”. Con la testa. Ma soprattutto col corpo. Come tu mi vuoi, come una maschera nuda e scialba ma, come tu mi vuoi. Schiacciati. Schiacciati dalla loro stessa passione, dalla loro stessa volontà ad essere “altro” rispetto a ciò che realmente sono e pensano. Dall'altra parte invece, abbiamo lei, la protagonista. Lei, la donna amata, la vera vittima dell'amore/possesso del protagonista. Lei, oro da forgiare, oggetto e ossessione di lui. Lei, che per amore di lui, inizia ad astenersi dal cibo, lei in caduta libera verso l'anoressia. “Primo Amore” ma, anche ultimo. Ultimo autodistruttivo capitolo sulle ossessioni psicotico/sessuali rappresentate al cinema da grandi Maestri del cinema italiano. Uno fra tutti: Marco Ferreri che, con la sua continua vena iper/realistica e allegorica de “La Carne” o de “L'ultima donna” ha sempre dipinto il sentimento amoroso in continua contaminazione con l'egoismo dei concetti di “possesso” e di “proprietà privata”. Amore e malattia, dunque, anche in questa ultima opera di Matteo Garrone. Vitaliano Trevisan, il protagonista, – che tra le altre cose è anche l'autore del libro “Il cacciatore di anoressiche” da cui è tratto il film – oltre a recitare con uno spiccato accento vicentino che a tratti risulta anche incomprensibile, con la sua inespressività del volto non riesce, il più delle volte, a far vivere sullo schermo il personaggio interpretato. Nota speciale per l'interpretazione della protagonista Manuela Cescon, interessante attrice teatrale prestata per ora al cinema. |
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Samuele Baccifava |
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