A volte si ha la sensazione di essere rapiti dalle situazioni rappresentate, coinvolti emotivamente e trascinati dalle immagini che il grande schermo ci restituisce.
E' questo il caso di “A/R- Andata + Ritorno”, opera numero due di Marco Ponti, forse il più interessante regista nel nuovo cinema italiano.
Un giocoliere dell'immagine che, con il suo ricercato vezzo stilistico narrativo, unito ad una particolare ritmicità della “consecutio imago” , cerca di rappresentare – a detta dello stesso regista – “la straordinarietà delle persone normali”.
Storie minimali di persone che si incrociano e si incontrano nella Torino della povera gente. Storie underground, quelle che si dipanano nei quartieri residenziali e spesso malfamati, quelle della Torino nei luoghi contaminati culturalmente da razze diverse. Storie. Storie di ventenni che vivono di espedienti nella speranza di prendere il primo aereo e abbandonare tutto e tutti. Andata. E ritorno. Ventenni in transizione, storia di un amore impossibile.
Dante Cruciani – l'ottimo Libero De Rienzo – è un ventenne in fuga. Uno che, inseguito continuamente dai suoi creditori, lascia il suo modesto lavoro di fattorino per andarsene a Barcellona.
Nina – l'affascinante Vanessa Incontrata, che tra l'altro “recita con la sua voce, il suo accento e le sue imperfezioni che sono poi i suoi aspetti più belli” ricorda il regista – è una giovane Hostess che, per uno sciopero improvviso di voli aerei in pieno periodo natalizio, è costretta a rimanere a Torino per qualche giorno.
All'aeroporto di Barcellona, Dante, per uno sciocco disguido, si fa due giorni di galera poi, viene rispedito direttamente a casa. Andata e ritorno.
Chiusa una serie di esperienze, eccone però altre all'orizzonte.
Tolstoj, l'anziano cameriere del Grand Hotel (interpretato dal rude ma simpatico Kabir Bedi – il famoso “Sandokan” televisivo di qualche anno fa -) nonché grande amico di Dante, conosce Nina e decide di aiutarla. La fa accomodare per qualche giorno nella casa del ragazzotto che era appena partito per la Spagna. Sennonché poi, Dante, al suo ritorno, incontra Nina e la storia vuole che la ragazza si innamori di Dante. Ma Dante, che è un personaggio in continua ricerca, non vuol farsi coinvolgere emotivamente. Riprende il lavoro di sempre, l'amicizia con Nina si consolida ma il tempo stringe.
Da una parte i suoi aguzzini, i suoi “scagnozzi” di periferia che gli inviano l'ultimatum per la consegna del danaro dovuto e, dall'altra, lei. Lei, Nina, costretta a rientrare al lavoro per la cessazione dello sciopero nel momento in cui il coinvolgimento personale e l'amore per Dante era qualcosa di molto più importante della sua mera attività professionale.
Ma il tempo è una brutta bestia. Ci si incontra e si riparte sempre nei momenti meno opportuni. O forse sono i momenti meno opportuni, quelli migliori per incontrarsi. Chissà. Una cosa però è certa. Il più delle volte non è importante partire ma, saper ritornare. Eccoli gli amori impossibili. Quelli che pur sfiorati (e a volte, sfumati) nell'arco di una manciata di giorni, lasciano nell'animo quella capacità di vedere il mondo con altri occhi, da altre prospettive.
Quello che n fondo è successo ai due protagonisti del film.
Un film soprattutto interessante dal punto di vista della scrittura, del montaggio e della fotografia.
Marco Ponti ce lo ricordavamo già in “Santa Maradona” e la sua riflessione estetica sullo stile comunicativo continua anche in questo suo secondo film.
I montaggi serratissimi, l'uso abbondante ma non casuale delle dissolvenze incrociate e dei “rallenty”, i continui “effetti tendina” e lo stratagemma, spesso usato dai registi della Nouvelle Vague Francese, del “Jump Cutting” (i tagli spazio/temporali, in fase di montaggio, che saltano determinate scene cronologiche) ne danno al film una lettura che, pur essendo discontinua, riesce a mantenere una ritmicità dinamica che cattura lo spettatore.
Il tutto “frullato” in una musica appositamente composta dall'interessante band Torinese dei “Motel Connection” che ne scansiona il ritmo visivo fino a condurlo nella seconda ed ultima parte del film in cui, il gioco narrativo diviene più sofisticato anche grazie all'intervento di ulteriori elementi drammatici che ne imprimono una svolta d'azione.
“Un film con tante commedie dentro” – ricorda il regista Ponti – “e forse anche il mio addio alla commedia, preludio di un drastico cambiamento nel mio futuro”, conclude.
Un film, al limite, “musicale”, una partitura altamente ritmica di immagini e suoni che non a caso si incontrano ed affollano in una stessa pellicola nello stesso istante. Un film da vedere ma, soprattutto, da ascoltare.
Un film che, uscito nel decennale dalla morte di Kurt Cobain, - il maledetto leader dei “Nirvana”- vuole anche essere un tributo a questo Mito musicale del Grunge Americano morto suicida nell'aprile del 1994.
|
|
|