Stefano Rodotà ( Univ. 'La Sapienza' , Italia)
1) Bisogna liberarsi da tre vizi: la superbia tecnologica; l'ottimismo del mercato; la semplificazione politico-ideologica. Si rivela vana la pretesa di ritenere queste tecnologie dotate di una così forte capacità di autoregolazione da poter fare a meno d'ogni regola esterna: fu questa, ad esempio, l'illisione di Paul Baran agli albori dell'informatizzazione, che invece ha reso necessario un corpo ricchisimo di norme, nelle qualli si ritrovano nuovi diritti fondamentali, come quello all'autodeterminazione informativa. Da questa constatazione si può partire anche per valutare i limiti di un affidarsi alla sola logica del mercato: basta pensare ai mezzi necessari per garantire l'accesso alle tecnologie della comunicazione come servizio universale per i cittadini.
Gli effetti sociali delle tecnologie non possono essere chiusi nello schema binario Grande Fratello-liberazione della societˆ (tra l'altro, a chi predica l'avvento della democrazioa grazie a 'telematica + paretcipazione' bisogna pur ricordare che s'era detto che il socialismo sarebbe nato dai 'soviet + elettrificazione').
Bisogna evitare due luoghi comuni: la neutralità delle tecnologie e il carattere sempre liberatorio dell'interattività. Le forme e le modalità d'uso delle tecnologie contribuiscono a definirne senso e portata sociale (nella comunicazione verticale, tipica della televisione generalista, vi é un ineliminabile residuo autoritario). L'interattività costituisce un passo avanti decisivo rispetto alla comunicazione monodirezionale, ma l'utente può rimanere sostanzialmente subordinato a chi conserva il potere della domanda, della proposta, della fornitura del servizio.
2) La rottura si manifesta con la massima nettezza con l'avvento delle reti. Qui s'infrangono le logiche gerarchiche e i ruoli predeterminati. La novità radicale sta nel fatto che ciascuno può essere consumatore e, sopratutto, produttore d'informazione. Qui può cogliere la massima potenzialità democratica, che si corrompe invece quando le tecnologie sono viste sopratutto come strumento per una continua interrogazione dei cittadini. Qui emerge l'intreccio tra un massimo di frammentazione e un massimo di ricomposizione (nuove soggettività, lobbysmo democratico). Qui si consuma la 'fine dei territori'. Qui può divenire estrema la penetrazione nella sfera pubblica della logica del consumo.
3) L'analisi può essere condotta partendo da alcune contrapposizioni:
iperdemocrazia/democrazia;
interesse generale/interesse di gruppo;
presas diretta/mediazione;
cittadinanza elettronica/esclusione elettronica;
logica del mercato/logica dei diritti;
legame sociale/contatto efficiente;
comunicazione verticale/comunicazione orizzontale;
interrogazione/partecipazione;
risposta/discussione;
emozione/sapere critico.
4) L'informazione 'su misura' di chi? Del consumatore di messaggi? Del produtore di informazione? Di un soggetto 'attore' su una rinnovata scena domestica? Del cittadino attivo nella societˆ?
5) La trasformazione della società e le logiche del sistema politico tra frammentazioni e ricomposizione. Una società di spettatori? La fine della decisione 'fredda'? La frammentazione del 'sovrano', l'illusione della sovranità, la ricomposizione del sovrano.
Il livello locale e la rete civica. Nuovi modelli d'interazione o rinascita dell''interlocutore principale' il comune, il sindaco)?
6) Il ruolo del 'pubblico' tra creazione della massa critica necessaria a decollo dei nuovi servizi (ed alla qualificazione complessiva dell'offerta) e nuove regole istituzionali.
Verso una democrazia 'del pubblico', una 'democracy by initiative'?