Umberto Cuttica (Pres.ANSA, Italia)
Esplorare i percorsi dell'informazione al di la' della porola stampata: in questo intinerario, sul quale anche i quotidiani camminano a fianco delle agenzie di informazione, si colloca il Convrgno internazionale promosso dall'Ansa a chiusura dell'anno del nostro cinquantenario: un compleanno in cui coesistono l'orgoglio di un'agenzia che ha svolto un ruolo fondamentale nella vita democratica dell'Italia e l'umiltà di chi sa bene che oggi non ci sono posizioni sacre o intoccabili, tanto meno nel dominio dell'informazione.
Le nostre giornate di discussione e approfondimento, pur con il contributo fondamentale di altissime autorit internazionali nel campo, non possono essere che una tappa, da cui partire per quella successiva. Un contributo alla maturazione dei problemi, insoma, non l'offerta di soluzione: perché nessuno può credersi depositario della sfera di cristallo con la quale prevedere dove ci porterà la mutazione in atto; e perché questa mutazione è talmente veloce che ogni volta che ci sembra di esserci impadroniti di un aspetto del problema, qualcosa ne ha gi cambiato i connotati.
Questa differenza di velocità riguarda anche gli aspetti della nostra civilà: c'è sempre una differenza tra l'evoluzione tecnologica e l'utilizzazione che ne fanno le imprese. Ma in questo momento le imprese di comunicazione si trovano nella fascia dove questo differenziale tra i pi elevati. E' ad esse che il nostro convegno vuol offrire l'occasione di nu passo avanti, perché sui processi che governeranno l'informazione domani le nostre imprese si devono muovere oggi. E la riflessione deve coinvolgere tutte, non solo quelle poche che già hanno avviato i primi passi.
Per di più, in questo campo sostanzialmente sono le interazioni tra tecnologie, medie e società. Le prime stanno infatti modificando sostanzialmente i media tradizionali ed affiancando ad essi nuovi mezzi: ed é una trasformazione di profondità straordinaria. La risultantedi questo processo trascende sia le tecnologie che i media e prfigura un impatto diretto sulle aggregazioni umane;è qualcosa che tende a trasformare la società nelle sue caratteristiche intrinseche di aggregazione riflessiva, consapevole ed integrativa.
Guardiamo al fenomeno Internet, a cui Newsweeek ha dedicato la copertina del numero di fine d'anno. E' un tipico caso in cui la tecnologia ha creato nuove interazioni umane. Percorsi ancora inesplorati, nonostante l'entusiasmo di qualche futurologo come Paul Saffo che, in quello stesso numero di Newsweek, dedicato al 1995 come l'anno Internet, afferma senza esitazione che ''Internet media l'interazione umana meglio di qualsiasi altro medium'. Io sento il bisogno di rifletterci ancora, ma èimperativo accelerare il ritmo dell'elaborazione delle conoscenze per cavalcare il cambiamento e non esserne cavalcati.
Un iperativo tanto pi forte, quanto pi alto è il rischio di vulnerabilià a cui sono esposte le societ pi evolute. Ma quel che sta accadendo sulle frontiere pi avanzate dell'informazione riguarder tutti: le società ricche e quelle povere; e all'interno delle societ pi prospere, chi ha di pi e chi non ha; chi 'sa' e chi non sa; i consapevoli e gli ignari. L'atteggiamento pi sbagliato sarebbe quello di stare a guardare ci che decidono e fanno gli specialisti, gli esperti, gli 'addetti ai lavori'. Di fronre ai nuovi sviluppi della comunicazione, alle affascinanti prospettive dell'informazione personalizzata o personalizzabile (pescandola dalle grandi risorse della Rete), si sta diffondendo uno stato di estasi collettiva. Furio Colombo, nel suo ultimo libro 'Confucio del computer', ci invita a rompere lo stato di estasi, a sottrarci 'al fascino pernicioso del culto, come atei in visita ad una chiesa sospetta' e ad 'affollare i percorsi di presenze sczttiche che vogliono sapere, vedere, conoscere senza adorare e senza seguire'.
In questo mi aiuta la mia natura di toscano, forse un p irriverente nei confronti di vecchi e nuovi 'santoni' della comunicazione. Mi limito a poche provocazioni, come contributo iniziale alla discussione.
Primo: esiste un denominatore comune tra vecchi e nuovi media, al di là di quello - puramente tecnologico - indicato da Negroponte con l'assioma famoso che ''tutti i media sono bit'? Mi spiego meglio: finora, nella storia della comunicazione, ogni medium si è aggiunto all'altro, senza sostituirlo: il giornale, la televisione hanno trovato un loro spazio, non necessariamente sopprimento gli altri. Oggi con l'informazione on line, con Internet, siamo per la prima volta davanti a un medium che rischia di essere 'sostitutivo'? E se, come spero, non lo sarà totalmente, come dovranno trasformarsi, per sopravvivere, i media di oggi, ancora troppo simili a quelli di ieri?
Secondo: la stampa è stata sempre indicata come il Quarto Potere. Oggi con Internet e l'informazione on line qualcuno parla gia' di Sesto Potere. Anzi Furio Colombo è ancora più esplicito e definisce Internet 'una forma di governo'. Come si concilia l'anarchia di questo mondo virtuale con parole come 'potere' e 'governo'? In che senso si parla, in questo quadro, di democrazia della rete?
Ed ancora: l'ideale di democrazia va da sempre a braccetto con quello di una convivenza civile in un assetto non disgregato. Ebbene, uno dei segni distintivi del processo ( evolutivo o involutivo?) dell'informazione è quello della disgregazione delle vecchie realt, da sostituire con nuove riaggregazioni. Quale può essere allora il collante della nuova società e che ruolo può svolgere l'informazione in questo? Il prof. De Rita ha osservato che le attuali tecnologie portano a rendere sempre pi tenui i legami localistici e campanilistici e a creare nuove comunità ultranazionali il cui collante è un interesse condiviso: lo studio della civilt Incas come la filmologia di Quentin Tarantino; la distrofia muscolare come la musica dei Beatles.
Se questo é vero, nono dovremmo porci il problema di come, noi operatori dell'informazione, possiamo portare un bilanciamento a queste tendenze disgreganti?
Oppure la risposta è già dentro il sistema informativo, nel senso che una notizia sullo staripamento del torrente Vezza, catturata su Internet dal cinefilo, dal musicofilo, dal medico e dal villeggiante della Versilia è sufficiente a far da collante per una riaggregazione virtuale?
Un altro interrogativo riguarda proprio il linguaggio: fino a che punto, per conquistare i lettori della Nintendo Generation, bisogna seminare sull'humus nel quale sono cresciuti, quello dell'immagine e della sua velocità? Una generazione che sembra distante anni luce dal mondo della carta, può essere recuperata alla fruizione del giornale e del suo linguaggio? Ed anche se la sua risposta fosse negativa, come può essere aiutata a riscoprire il valore della riflessione sui fatti, che finora il giornale ha sempre mantenuto come sua specificit, accanto a media pi giovani e pi veloci, come la radio e la televisione?
Quanto è reale il rischio che i nostri nipotini pensino di non aver alcun bisogno dei vecchi media, sostituendoli con una scorribanda su Internet? Le vecchie risposte - 'l'informazione elettronica non si pu portare in spiaggia o al gabinetto' - non bastano più. Dobbiamo darne di nuove in termini di qualità dell'informazione.
Un altro interrogativo, strettamente legato al tema del nostro convegno: l'informazione personalizzata, spillata dalla rete come un boccale di birra dal barilotto, non conterrà troppa schiuma? In altre parole non c'è il rischio di essere alla fine disinformati? Di sapere tutto sull'ultimo cd-rom uscito in un'area di nostro interesse, ma di non sapere - per paradosso - che è scoppiata la terza guerra mondiale?
Questo tipo di informazione a bocconcini, ad assaggini, magari anche gustosi, sarà alla fine idonea a una sana ed equilibrata nutrizione?
Possiamo davvero fare a meno di chi risponde della veridicità dell'informazione, a garanzia che l'informazione cattiva non scacci quella buona, per parafrasare la legge secondo la quale la moneta cattiva scaccia la buona?
Mi rendo conto che alcune di queste - lo ripeto - provocazioni sono fastidiose e forse ingenue, ma vi assicuro che non nascondono un atteggiamento luddistico nei confronti dei nuovi mezzi, verso i quali, anzi, siamo attendissimi, esplorandoli dall'interno, come dimostra la presenza di Ansa su Internet, che non è di oggi e non è 'di facciata'.
I miei interrigativi nacsono, dunque, da una preocupazione vera, legata al dubbio tra vecchi media non ci sia pi solo quella competizione - integrazione che è stata finora la molla per nuovi assetti, che alcuni interagiscano tra loro mentre altri vanno avanti per la loro strada. Che alla linearità nel cambiamento si stia sostituendo un percorso a strappi, con forti discontinuità, lungo il quale si possa perdere qualcosa che sarebbe difficile recuperare poi. Ma, ed è quello che pi conta, lungo questo percorso possono risultare modificati i rapporti all'interno della società; nel procedere, stiamo attenti a poggiare il piede sui terreni meno paludosi.
Giovanni Giovannini, per scuotere gli editori dalla posizione di attesa, di fronte alle nuove tecnologie, fece sua una frase di una canzone di Bob Dylan: 'Times, they are changing. Accettate il cambiamento, o vi bagnerete fino al midolo'.
Io mi imbatto nella frase di un mito della cultura 'rap' di oggi qui in Italia, Jovanotti, che ha scritto nella controcopertina di un suo cd: 'Siamo appena usciti dalla preistoria della comunicazione e ci aspetta una bella età classica. Per ora accontentatevi di questi geroglifici'.